Vendita nulla se il rogito non riporta gli estremi della licenza o non dice che si tratta di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico.
Hai acquistato una casa e, solo dopo qualche anno dal rogito, ti sei accorto che vi è un evidente abuso edilizio: l’immobile è stato realizzato, a suo tempo, in difformità dalla concessione edilizia rilasciata dal Comune. A questo punto vorresti chiedere al venditore i danni o, quantomeno, la restituzione dei soldi che hai pagato, anche perché, qualora dovessero accorgersene le autorità, saresti costretto alla demolizione. Secondo il venditore, però, non hai diritto a nulla: in parte perché hai accettato l’immobile «nello stato di fatto e di diritto» in cui si trovava all’atto della vendita (per come riportato da una clausola del contratto) ed in parte perché è ormai passato molto tempo. Chi dei due ha ragione? Quali le conseguenze per la vendita di un immobile abusivo? A ricordare cosa prevede la legge è una recente sentenza della Corte di Appello di Palermo.
La vendita di un immobile abusivo è valida?
Il primo punto da verificare per comprendere quali sono le conseguenze della vendita di un immobile abusivo è se l’acquirente era a conoscenza o meno dell’irregolarità urbanistica. Il venditore è infatti tenuto a indicare ogni difformità che potrebbe incidere sulla validità del contratto e, quindi, sul consenso dell’acquirente. Se nel rogito non si fa menzione dell’abuso edilizio, il contratto è illecito. A stabilirlo è una legge del 1985 in base alla quale è nullo il rogito notarile con cui si trasferisce la proprietà di una casa se, in esso, manca l’indicazione degli estremi della licenza o della concessione a edificare o della sanatoria. Al contrario, qualora il rogito faccia chiara menzione della situazione di abusivismo, il contratto è valido.
Secondo la giurisprudenza, non si può vendere un immobile anche se dall’atto risulti l’esistenza di una licenza o concessione, ovvero della procedura per la sanatoria (condono edilizio), qualora si tratti in realtà di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico per cui l’atto contiene un’attestazione non veritiera.
Che succede se l’acquirente non è al corrente dell’abuso edilizio?
L’acquirente che non viene messo al corrente dell’abuso edilizio può agire sia nei confronti del venditore che del notaio. Il primo è responsabile personalmente in quanto ha omesso un elemento determinante del contratto; si configura quindi, una responsabilità contrattuale. Il secondo è responsabile per non aver fatto gli accertamenti preliminari che gli competono per legge (dai quali può essere esonerato solo su esplicita dichiarazione delle parti).
In entrambi i casi, bisognerà agire in tribunale per ottenere la condanna. Ma se nei confronti del notaio si può ottenere solo il risarcimento del danno, nei confronti del venditore si può ottenere:
- la risoluzione(ossia lo scioglimento) del contratto: in pratica, il venditore è tenuto a restituire i soldi ottenuti come corrispettivo della compravendita mentre l’acquirente restituisce l’immobile;
- il risarcimento del danno: il danno va comunque provato.
Entro quanto tempo agire per l’annullamento del contratto?
Per procedere in tribunale contro il venditore, responsabile della cessione di un immobile abusivo, non ci sono termini “di scadenza”. Si può agire in qualsiasi momento in quanto, per legge, la causa di «nullità» del contratto può essere fatta valere in qualsiasi momento, quindi anche a distanza di numerosi anni dal rogito. Ad agire potrebbero essere anche gli eredi dell’acquirente nei confronti degli eredi del venditore.
Condizioni per la restituzione del prezzo di vendita
La sentenza della Corte di Appello di Palermo offre però un altro importante chiarimento. L’acquirente dell’immobile abusivo può certamente avere, dal tribunale, la dichiarazione di nullità della vendita, ma per ottenere anche la restituzione del prezzo pagato deve formulare una domanda specifica al giudice oppure promuovere un nuovo giudizio. In pratica, non si può considerare implicita, nella domanda di annullamento del contratto, anche quella rivolta ad avere indietro il prezzo corrisposto.
Allo stesso modo dicasi per la richiesta di risarcimento del danno: il danno va dimostrato concretamente e non può essere presunto. L’onere della prova, anche in tale ipotesi, ricade sull’acquirente.
Valido il compromesso se l’immobile è abusivo?
Che succede se l’acquirente si accorge dell’abuso edilizio dopo la firma del compromesso ma prima del rogito? Anche su questo tema è intervenuta la Cassazione secondo cui il preliminare (così è detto tecnicamente il compromesso) resta valido. Secondo la Corte, l’irregolarità urbanistica di un immobile promesso in vendita con il preliminare non determina la nullità del preliminare stesso, ma eventualmente, nel caso di totale difformità dalla concessione, solo quella del contratto definitivo e sempre che tale irregolarità non venga sanata dopo la stipula del preliminare, con l’esibizione della concessione in sanatoria. Difatti, in seguito al contratto preliminare, può intervenire la concessione in sanatoria di eventuali abusi edilizi commessi, il che renderebbe la successiva vendita pienamente valida. Secondo il ragionamento della sentenza in commento, chi firma un contratto preliminare e solo dopo si accorge che l’immobile è abusivo o non ha la licenza edilizia, non può chiedere la nullità di tale contratto; può tutt’al più rifiutarsi di stipulare il rogito notarile. Potrebbe farlo anche se, successivamente, dovesse essere presentata la sanatoria. Il venditore ha l’obbligo di dichiarare all’acquirente, all’atto della firma del compromesso, che l’immobile è privo di licenza edilizia; se non lo fa, l’acquirente in buona fede può sciogliersi dall’impegno di firmare il contratto definitivo, eventualmente agendo davanti al giudice e chiedendo la cosiddetta risoluzione del contratto preliminare.
FONTE: La Legge Per Tutti.
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